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“Unstoppable Soul” e l'imago paterna.
Una prospettiva psicologica sul cortometraggio di Claudio Proietti.

“Anima
in questa vita c'è bisogno
di più anima […]
L'anima
che a volte ti fa ragionare
anche se hai voglia
di lasciarti andare”
(Anima di Pino Daniele)

“Unstoppable Soul” e l'imago paterna.

Certi incontri si possono fare solo quando si è da soli, davanti al mare che con le sue profondità simboleggia il nostro inconscio, la sede di ciò che è vero, la casa della nostra Anima.
E il mare come l'Anima non muore mai. É inarrestabile, come lei, la protagonista del cortometraggio di Claudio Proietti.
Nella struggente mancanza che la ragazza sente per il padre in un momento critico della sua vita, è proprio lì che lei si ritrova.

Sono tanti i temi percorsi da Proietti nel suo film: la perdita del padre, il coraggio di credere a ciò che si fa anche quando la vita ci mette dinanzi alle contraddizioni, l'importanza di seguire la propria vocazione, di non tradire la propria anima, la propria missione.

La visione onirica nella quale la ragazza incontra il padre, le permette di poter dire tutto ciò che in quel momento ha nel cuore,ovvero i suoi dolori, i suoi dubbi e le sue mancanze. Riesce persino a confessare i suoi “brutti pensieri”, quelli che sono spesso inconfessabili, perfino a se stessi.

Ma al padre lo può dire, perchè era stato proprio lui ad infonderle l'idea del coraggio attraverso la visione mitica di due personaggi cinematrografici, Rocky e Mickey in ruoli che trovano casa in entrambi, e che ben si scambiano, per ritrovarsi a vicenda pugile ed allenatore. É l'idea del combattere che aleggia in maniera fantasmatica per tutta la durata del film. Un combattimento che li vede stare sul ring fino alla fine, anche se si sta perdendo, perchè ciò che conta è crederci fino in fondo, perchè solo così si può giungere a vivere la vita rispettando la propria vocazione.

“Unstoppable Soul”

Viviamo attraverso questi pochi minuti un incontro intenso che ci porta ad un tema molto attuale, a quello del rapporto con il padre e della sua funzione nella vita di un figlio, di una figlia.

Il noto psicanalista Massimo Recalcati ne ha recentemente parlato molto, richiamando un concetto espresso da Lacan, psicanalista francese, ovvero dell'evaporazione del padre. Con tale definizione egli, come ci chiarisce lo stesso Recalcati, intendeva “spiegare come le contestazioni giovanili del '68 avessero demolito l'autorità simbolica del padre nella vita della famiglia e in quella della società. La sua previsione era che il vuoto lasciato dal padre venisse colmato dal carattere feticcio delle merci, dall'oggetto di consumo”. Stiamo dunque parlando di una funzione paterna che dovrebbe aiutare a diventare consapevoli del limite e alla fine ad essere in grado di accettarlo, ma non come un recinto nel quale nascondersi. Tutt'altro. Un limite che diventa forza, coraggio, capacità di guardarsi dentro senza farsi distrarre dalle false ideologie consumistiche ed edonistiche.

Mi viene in mente in tale accezione l'opera di Platone “Liside. Sull'Amicizia”, perchè in essa viene descritto il desiderio del giovane protagonista di condurre il carro da corsa del padre, un desiderio “castrato”, in quanto il ragazzo non era stato giudicato  pronto, né idoneo alla guida dello stesso. Sarebbe stato troppo pericoloso.

Stiamo parlando dunque di padri che hanno il coraggio delle proprie scelte, che non sentono il bisogno di accondiscendere ai desideri dei figli per paura di “perderli”, che sanno “chiudere gli occhi” come diceva Freud, ovvero sanno tollerare che possano fare scelte diverse o comunque provare emozioni ed avere reazioni a fronte di un loro diniego, quando ritenuto opportuno.

L'imago paterna

“Unstoppable Soul” ci fa conoscere un padre attraverso il ricordo di una figlia che non accetta di averlo perso per vivere la sua missione. Ma lei lo sa che non avrebbe potuto essere diverso. Nella sua riposta, contenuta in una imago paterna rielaborata attraverso la sua esperienza di vita, la ragazza riesce alla fine a proiettare su di lui il proprio modello di donna che il padre stesso aveva aiutato a farle intravvedere: inarrestabile, indistruttibile, complice in un'idea di missione di vita che comprende un progetto, anche quando questo prevede un rischio molto alto, anche quando può costare la vita. La scelta di difendere la vita è condivisa da entrambi: dal padre perchè con il suo lavoro da carabiniere decide di progeggere la vita di chi combatte affinchè il mondo diventi un posto migliore, e dalla figlia, perchè tiene nel suo grembo il frutto di una relazione che si rivela un'illusione, ma che decide di portare avanti, anche se da sola, anche se non è sostenuta.

É un momento delicato, potremmo dire catartico, quello cui assistiamo in questo breve film, che contiene la profondità e l'intensità dei rapporti non consumati, di quelli che proprio per tale motivo rimangono mitizzati. E così rimaniamo incantati da questo rapporto in cui si intreccia la figura di un padre necessaria, perchè non ci sono più punti di riferimento, perchè ciò che la figlia sta compiendo nella sua vita è offuscato dalla nebbia della paura, persino di non riuscire più a fare il suo lavoro, ovvero insegnare. “E' normale avere paura”, le dice il padre. “E' normale avere paura”, si dice la ragazza, confortandosi nel ricordo di una forza rappresentata da dei piccoli guantoni da boxes che il suo papà le aveva regalato quando era piccola. Pensava di averli persi...

Ma in realtà nulla e nessuno si perde davvero, come scrive Ferdinando Pessoa:

“La morte è la curva della strada,
morire è solo non essere visto.
Se ascolto, sento i tuoi passi
esistere come io esisto.
La terra è fatta di cielo.
Non ha nido la menzogna.
Mai nessuno s'è smarrito.
Tutto è verità e passaggio”.


Dott.ssa Anna Scelzo
Psicologa Psicoterapeuta a Chiavari

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  • Disturbi alimentari - bulimia, anoressia, binge eating, obesità
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  • Problematiche di somatizzazione, relazionali e affettive
Dott.ssa Anna Scelzo

Psicologa Psicoterapeuta a Chiavari
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